La pesca a San Saba
In considerazione della grande importanza che tale attività riveste per la comunità di San Saba, abbiamo creduto fosse giusto occuparci della pesca in una sezione del tutto autonoma.
Questi articoli saranno particolarmente apprezzati soprattutto dagli appassionati della pesca a tutti i livelli, ma saranno anche di grande utilità per tutti coloro che, volendo venire a trovarci a San Saba, fossero curiosi di sapere come vengano catturati quei pesci freschi che probabilmente imbandiranno le loro tavole dopo averli acquistati direttamente dai bravi pescatori del paese.
L'importanza di tale attività, poi, è subito evidente dalle strade del paese, ai cui cigli sono parcheggiate più barche che auto, soprattutto nella stagione invernale.
La pesca al totano
La pesca più praticata a San Saba, adesso ma soprattutto nel passato quando costituiva una preziosa fonte di sostentamento per le famiglie santosabote, è quella al totano, mollusco marino della famiglia dei cefalopodi, dall'ottima carne, molto simile al calamaro.
La tecnica di cattura utilizzata dai pescatori del villaggio è tuttora quella tradizionale con ciò che dialettalmente viene definito "u lontru". Quest'ultimo consiste sostanzialmente nella tipica totanara piombata con un grosso ciuffo d'ami robusti, dotata di catturante mini lampadina interna, il tutto legato ad una lenza avvolta su una tavoletta di sughero o di legno.
Questo genere di pesca si pratica normalmente nel periodo estivo, uscendo in barca tra il tardo pomeriggio e l'alba. Si cala in acqua e si recupera ripetutamente la lenza con un movimento lento e cadenzato; quando si avverte un appesantimento sul filo significa che il totano "ha abboccato" ed allora, dopo aver dato uno strappo deciso, con ritmo veloce e costante si issa la preda sulla barca. Come si può notare, si tratta di una tecnica dai sapori molto antichi, sia nella pratica che negli strumenti, ma ancora molto redditizia e suggestiva.
La pesca con la sciabica a San Saba
In passato un'altra tecnica di pesca molto importante per gli abitanti di San Saba, soprattutto nel periodo invernale, era costituita dalla pesca con la sciabica. Quest'ultima, il cui nome deriva dall'arabo "Sciabaka", è una grande rete a circuizione, che può raggiungere la lunghezza di circa un chilometro. Con essa si possono catturare vari generi di pesci, tra cui le occhiate o le squisite boghe (ope in dialetto); particolare era poi l'utilizzo di questa tecnica per la cattura delle ricciole, in quanto veniva praticata di notte, solo nel mese di giugno ed alle montagne di sabbia: diveniva così un vero e proprio evento, carico di grande suggestione, per tutti gli abitanti del villaggio.
Generalmente, comunque, la pesca con la sciabica avveniva di giorno, tra agosto e marzo, e richiedeva l'intervento di circa venti pescatori e due barche. Queste ultime, l'una più grande, detta "della sciabica" e l'altra più piccola detta "bozzetto", avevano il compito di calare la rete in mare e distenderla a mo' di sacco, affinché, poi, dalla costa due squadre di pescatori la potessero tirare a mano da entrambi i lati, aiutandosi con le "cuddhane", ossia fasci di tela indossate a tracolla.
La pesca con la sciabica fu esercitata nelle acque di San Saba sino a metà circa degli anni 80, quando le limitazioni operate da una legge per la ripopolazione della fauna marina non ne proibirono di fatto la pratica; resiste, tuttavia, sia pure per pochi mesi l'anno (febbraio-aprile) e tirandolo direttamente dal mare, nel rispetto della normativa vigente, l'uso dello "sciabacheddu", una rete del tutto uguale alla sciabica, ma più piccola e particolarmente adatta alla cattura della neonata di sardina o di cicirella.